martedì 28 settembre 2010

LA GIOIA E IL DOLORE


LA GIOIA

Allora una donna domandò: Parlaci della Gioia.
Ed egli rispose:
La vostra gioia è il vostro dolore senza maschera.
E il pozzo di cui scaturì il vostro riso, sovente fu colmo di lagrime.
Come può essere diverso?
Quanto più in fondo vi scava il dolore,
tanta più Gioia voi potrete contenere.
La coppa che contiene il vostro vino non è la stessa bruciata al forno del vasaio?
E non è forse il liuto che accarezza il vostro spirito,
il legno svuotato dal coltello?
Quando siete contenti, guardate in fondo al cuore
e saprete che ieri avete sofferto per quello che oggi vi rende felici.
E quando siete tristi, guardatevi in cuore
e v’accorgerete di piangere per quello che ieri fu il vostro diletto.

Tra voi, alcuni dicono: “La gioia è più grande del dolore”,
e dicono altri, “Il dolore è più grande”.
Ma io vi dico che sono inseparabili.
Essi giungono insieme, e se l’una vi siede accanto alla mensa,
ricordatevi che l’altro sul vostro letto dorme.
In verità siete bilance che oscillano tra la gioia e il dolore.
Soltanto quando siete vuoti, voi siete equilibrati e fermi.
Se per pesare l’oro e l’argento vi solleva il tesoriere,
gioia e dolore dovranno a turno alzarsi o ricadere.

IL DOLORE

E una donna domandò: Parlaci del Dolore.
Ed egli disse:
Il dolore è il rompersi del guscio che racchiude la vostra intelligenza.
Come il nocciolo del frutto deve rompersi per esporsi al sole,
così dovrete conoscere il dolore.
E se sapeste voi meravigliarvi in cuore dei prodigi quotidiani della vita,
il dolore vi stupirebbe meno della gioia.
Accogliereste le stagioni che ripassano sui campi.
E vegliereste sereni anche nei duri inverni.

Una parte del vostro dolore è scelta da voi stessi.
E’ la posizione amara con la quale il medico,
che è chiuso in voi, guarisce il vostro male.
Confidate in lui e bevete il suo rimedio, in pace e silenziosi.
Poi che la sua mano, benché pesante e rude,
è retta da una mano tenera e invisibile.
E la coppa che vi porge, sebbene bruci il vostro labbro,
è stata fatta con la creta
che il vasaio ha inumidito con le sue lagrime sante.

“Profeta” di Gibran Khalil Gibran, Guanda ed., 1983